CULTURA DEL TATUAGGIO: LA STORIA DAL MONDO ANTICO AI GIORNI NOSTRI

Il tatuaggio rappresenta sempre più una forma di moda: che abbia una semplice valenza estetica, che rappresenti un passaggio della propria vita, che sintetizzi un messaggio, un valore a cui siamo radicati, oggi si assiste a un vero e proprio boom di “tatuati”.

Al di là della forma, del colore o della dimensione con cui si presenta, nella maggior parte dei casi cela aspetti legati all’identità del tatuato e fissa un momento importante della sua vita (bello o brutto che sia).

Più indietro nel tempo, il tatuaggio era parte di riti collettivi o assumeva significati più specifici rispetto alla cultura d’appartenenza. Scopriamo insieme la storia del tatuaggio.

Il significato e la storia del tatuaggio

Il termine tatuaggio deriva dal termine tahitiano tau-tau, che ricorda il picchiettare del legno sulla pelle, tecnica antichissima utilizzata da queste popolazioni. Il termine “tattow” (successivamente tattoo) ci è tramandato da James Cook, che nei suoi diari scrisse di tale usanza utilizzata dalla popolazione polinesiana.

Il tatuaggio ha però origini ancora più antiche, come è testimoniato da Otzi, uomo preistorico su cui sono stati trovati veri e propri tatuaggi, rimasti sulla pelle grazie allo sfregamento del carbone sulla pelle.

Sul corpo della mummia sono stati scoperti ben 61 piccoli tatuaggi che consistono in linee, crocette e piccoli punti ricavati per mezzo di incisioni sulla pelle poi ricoperte da carbone polverizzato, usato per lenire le ferite cicatrizzate ma soprattutto per colorare di nero l’epidermide. Esami radiologici hanno rivelato che Otzi soffriva di artrosi: i tatuaggi si trovano proprio in corrispondenza delle degenerazioni ossee da cui l’uomo era affetto. Si pensa dunque che questi tatuaggi possano aver avuto per Otzi una qualche funzione religiosa o curativa, e che siano forse da considerare come prova più antica della pratica dell’agopuntura.

Uso terapeutico, quindi, come nel caso della principessa Ukok (mummia rinvenuta ancora negli anni ’90 ma questa volta al confine tra Russia e Cina, in Asia centrale): il corpo conservato dal permafrost esibisce sulla zona del petto il tatuaggio di un grosso animale simile a un cervo. Gli studi effettuati sulla principessa hanno svelato che Ukok era affetta sin dall’adolescenza da ostiomielite (un’infezione che colpisce le ossa) e che la donna soffriva inoltre di un cancro al seno in processo di metastasi. Secondo alcuni studiosi, Ukok sarebbe stata tatuata in corrispondenza del petto per iniettare sottopelle sostanze vegetali che potevano alleviare i dolori cronici di cui la donna soffriva. Non a caso accanto al corpo di Ukok è stato ritrovato un contenitore con della canapa, pianta usata proprio a scopo terapeutico.

Le origini del tattoo

Ancora oggi, presso alcune popolazioni il tatuaggio funge da amuleto contro spiriti malvagi, contro i pericoli e i malanni; altre lo utilizzano per guarire malattie, presso altre ancora è parte di riti iniziatici o esprime devozione e fede religiosa, il tatuaggio può essere anche un segno nobiliare o gerarchico che stabilisce il ruolo o l’appartenenza ad un particolare rango nella società o nell’esercito, oppure un modo per marchiare schiavi, prigionieri o criminali.

Antico Egitto

Tantissime pitture risalenti all’antico Egitto mostrano donne tatuate che portano sulla pelle precisi schemi di linee e forme parallele: sacerdotesse, danzatrici e principesse dovevano ornare in questo modo il proprio corpo secondo il costume sociale. Il significato di questi tatuaggi è ancora oggi un mistero, ma esistono altri simboli per cui sono state avanzate tantissime ipotesi, ad esempio l’occhio di Ra, primo re d’Egitto venerato come dio sole e creatore dell’universo. Questo simbolo di regalità e potere veniva tatuato come forma di protezione dalle energie negative principalmente su nuca, spalle e schiena (l’occhio infatti doveva “guardava le spalle” di colui che lo portava).

Tatuaggio Occhio di Ra

Roma antica

Tra le civiltà antiche in cui si sviluppò il tatuaggio vi è anche quella romana. Per molto tempo, però, i tatuaggi furono vietati. Erano inizialmente diffusi sotto forma di “punzonature” a danno degli schiavi, marchiati a fuoco con le iniziali del proprio padrone. I tatuaggi venivano inoltre impiegati per “segnare” i criminali: chi rubava, ad esempio, era marchiato sempre a fuoco, sulla fronte, perché tutti fossero a conoscenza del reato commesso dall’individuo. Le cose cambiarono quando i soldati romani entrarono in contatto con britannici e traci, popolazioni che consideravano i tatuaggi segni distintivi d’onore. I militi romani iniziarono dunque a tatuarsi le iniziali dell’imperatore in carica, ma la pratica restò ancora per molto tempo malvista dalle autorità, fedeli al mos maiorum.

Tatuaggi cristiani

Con l’avvento della religione cristiana e prima delle persecuzioni romane condotte a danno dei fedeli in minoranza, gli osservanti cominciarono a tatuare sulla propria fronte il simbolo della croce di Gerusalemme come ostentazione di fede. La stessa croce fu poi marchiata a fuoco sulla fronte dei martiri cristiani, vittime dell’intolleranza imperiale.

Quando la religione cristiana divenne dapprima lecita e, poi, religione di Stato, papa Adriano si vide costretto a proibire formalmente con una bolla papale datata 787 d.C la pratica diffusa tra i fedeli; successive e analoghe comunicazioni ufficiali ribadirono la posizione della Chiesa riguardo ai fatti. Più avanti anche l’imperatore Costantino vietò per legge i tatuaggi cristiani perché letti come violazione dei corpi che Dio aveva creato a propria immagine e somiglianza.

tatuaggio-cristiano-croce-gerusalemme

I frati marchiatori

Durante il Medioevo molti pellegrini cristiani decisero di ignorare le indicazioni della Chiesa e presero a tatuarsi i simboli dei luoghi sacri visitati. I frati del santuario di Loreto, nelle Marche, divennero così celebri tatuatori: su richiesta, incidevano su polsi e piedi dei fedeli che lo desideravano simboli del culto cristiano. Molto gettonate erano le stigmate, emblema della passione di Cristo.

È curioso osservare come l‘ebraismo abbia sempre proibito i tatuaggi e come tale divieto sia sempre stato rispettato dagli osservanti. Nell’Islam e nella religione induista sono invece stati tollerati e consentiti solo tatuaggi temporanei all’henné: in particolare, mani e piedi delle donne vengono ancora oggi ornati con motivi floreali durante la notte che precede le loro nozze.

Tatuaggi d’amore

I frati marchiatori tatuavano anche le future spose come forma di augurio e di consacrazione del vincolo matrimoniale. Non era raro, dunque, che le donne nascondessero sotto le vesti cuori trafitti o frasi d’amore. Le vedove poi potevano decidere di tatuarsi teschi stilizzati, femori incrociati o la ricercatissima frase “memento mori” in ricordo del defunto. Alcune donne sceglievano simboli marinareschi perché erano proprio gli uomini di mare a difendere le coste, permettendo matrimoni felici e vite serene.

tatuaggio-memento-mori

Le esplorazioni oceaniche

Durante il XVIII secolo i marinai entrarono in contatto con popolazioni lontane presso cui i tatuaggi avevano enorme valenza culturale. Le ragazze tahitiane venivano per esempio tatuate sulle natiche con inchiostro nero quando raggiungevano la maturità sessuale; in Borneo gli indigeni imprimevano un occhio sul palmo come guida per l’al di là.

E ancora, i samoani sottoponevano il proprio corpo a una prova di coraggio e resistenza estrema: per cinque lunghi giorni si facevano tatuare da testa a piedi per dimostrare la propria forza interiore. Al superamento della prova si era celebrati con una grande festa.

I guerrieri maori poi raccontavano la propria storia per mezzo del moko, tatuaggio facciale. Le donne legate sentimentalmente ai guerrieri maori esibivano di conseguenza tatuaggi sul mento.

Giappone

In questi anni venne riscoperto anche il Giappone, terra in cui i tatuaggi hanno storia antica. Dagli studi condotti è emerso che i giapponesi, proprio come i romani, usavano marchiare i criminali e che però, a differenza degli occidentali, credevano anche che il tatuaggio potesse avere valenza magica.

I cittadini di basso rango iniziarono a tatuarsi perché per lungo tempo le leggi del Paese proibirono loro di vestire kimoni decorati: come escamotage in segno di rivolta, molti giapponesi celavano sotto le vesti elaborati disegni che arrivavano, però, solo fino a gomiti, collo e ginocchia.

Nel 1870 le autorità del Paese proibirono categoricamente alla popolazione di tatuarsi. Fu allora che la mafia giapponese, la yakuza, scelse proprio il tatuaggio come emblema di massima sovversione al sistema.

tatuaggio-yakuza-giapponese

Tatuaggi e delinquenti

Nel 1876 l’antropologo Cesare Lombroso gettò ombre scure sui tatuaggi, contribuendo a diffondere l’idea che chi li portava fosse necessariamente da considerare un poco di buono. Nell’opera “L’uomo delinquente” Lombroso avanzò la teoria secondo cui l’atto di tatuarsi corrisponde a degenerazione morale.

Aristocratici tatuati

Tra la fine dell’800 e la prima metà del ‘900 la cultura del tatuaggio cominciò pian piano a diffondersi tra le masse grazie anche alla moda lanciata da illustri aristocratici di fama mondiale. Winston Churchill, elemento di spicco del panorama britannico, sfoggiava ad esempio un’ancora sull’avambraccio destro. Sua madre aveva un serpente tatuato sul polso. Lo zar di Russia Nicola II si fece tatuare invece un enorme dragone sul braccio in occasione di un viaggio in Giappone.

La diffusione del tatuaggio fu possibile grazie a Samuel O’ Reilly che nel 1891 inventò la macchinetta elettrica usata ancora oggi per introdurre pigmenti nel derma, strato cutaneo posto sotto l’epidermide. La geniale trovata fu soprattutto una valida alternativa alla scarificazione, una fra le più antiche tecniche tattoo. Ancora viva in Africa e in altre parti del mondo, la scarificazione consiste nel creare solchi profondi nella cute e nel rallentare il processo di guarigione per creare cicatrici molto visibili e in rilievo.

Il tatuaggio prese piede in Occidente soprattutto in America: marinai, veterani, carcerati e malavitosi diffusero tale cultura tra la gente. Negli anni 60,’70 e ’80 del ‘900 il tatuaggio divenne nuovamente emblema di ribellione tra giovani hippies, punk e bikers. Gradualmente sdoganato, è oggi forma d’arte universalmente diffusa e, tuttavia, ancora tanto chiacchierata.

winston-churchill-tatuaggio-ancora

Il tatuaggio oggi

Oggi esistono diversi stili di tattoo da cui prendere spunto:

  • Tatuaggi giapponesi, da anni sulla cresta dell’onda e dal forte significato simbolico;
  • Tattoo cinesi, come quelli giapponesi, ricchi di significato;
  • Tatuaggi Old School o Traditional, di moda ancora oggi;
  • Tattoo tribale, ognuno dei quali ha un significato ben specifico, e nato appunto nelle tribù indigene;
  • Tatuaggi realistici, raffiguranti immagini frutto della vita reale;
  • Tattoo littering quando ci si tatua una particolare scritta;
  • Tattoo polinesiani, famosi in tutto il mondo e popolo tra i primi a tatuarsi la pelle come segno di forza, saggezza e spiritualità;

I tatuaggi maschili più belli, sono tanti, ma diciamo che i preferiti sono i tatuaggi tribali e tatuaggi maori, i tatuaggi orientali, soprattutto i giapponesi, con Geishe e Carpe koi o ancora samurai tatuati su braccia e schiena, ma anche sui polpacci, che diventano le zone più tatuate dagli uomini.

I tatuaggi femminili ovviamente sono diversi da quelli maschili e ricalcano altri stili: spuntano farfalle, stili floreali, rose, cuori e frasi importanti, magari con un significo particolare.

Ma ovviamente esistono donne che scelgono tattoo aggressivi, dove spuntano teschi, leoni e tigri, che testimoniano come la donna voglia uscire dal solito cliché. Anche tra le donne si sta affermando poi il concetto di tatuaggio orientale e tribale.

Le zone femminili più tatuate sono le spalle, i polsi, dietro le orecchie, sui fianchi, fino ad arrivare a zone più erogene come il fondo schiena, ma ultimamente in molte più intraprendenti si fanno tatuare anche le gambe.

Il tatuaggio oggi quindi non è più un tabù, anzi sempre più si avvicina a una vera e propria forma d’arte: sono numerosissimi i congressi, le convention in tutto il mondo ad essi dedicati, dove i tatuatori espongono i propri lavori. Ma soprattutto sono sempre più le persone che decidono di imprimere un segno indelebile sulla propria pelle, rappresentando meglio di un vestito e un accessorio, la propria unicità.

Artigiani per la pelle

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